UK torna a chiedere l’accesso ai dati protetti delle chat di applicazioni come WhatsApp, Telegram e simili.
Come era da previsioni, dopo che è girata la voce, che l’attentatore di Londra abbia usato WhatsApp per organizzare l’attacco, di conseguenza il governo inglese, di nuovo, torna alla carica con le richieste di poter accedere alle chat criptate, dei vari programmi di IM come WhatsApp, Telegram etc etc.
In passato la scusa erano i pedofili, adesso la scusa sono i terroristi, cambia periodo, cambiano i soggetti, ma le richieste son sempre le stesse.
Ma d’altronde il Regno Unito ha una tradizione piuttosto forte, sulla questione intercettazioni di massa: sembra quasi che tra loro e gli Americani, ci sia un cordone ombelicale che li tiene congiunti, in queste faccende di intercettazioni di massa; non importa quale sia il motivo; l’importante é poter controllare tutti indiscriminatamente e con il favore , almeno apparente, della legge.
Al di là della questione tecnica, che renderebbe apparentemente accontentare le richieste del Regno Unito, non riesco a capacitarmi del fatto che, una volta chiarito a fonte di prove inoppugnabili di vari giornalisti, sia cartacei che informatici, continuino a voler far passare come bene del il cittadino questa mania del controllo totale. È vero, rilanciando il discorso ogni volta che accade qualcosa inerente la pedofilia o il terrorismo, giocano sui sentimenti straziati o indignati del momento, ma dovrebbero aver capito, ormai, che la gente, passata l’onda emozionale, non ci casca più, in quelle motivazioni di facciata, per le quali fanno queste assurde richieste.
Sembrano poi ignorare che esiste una galassia di programmi IM corredati di cifratura, per cui come pensando di poter imporre a tutti i programmatori, di questa micro galassia, di cedere alle loro richieste??? Tra le altre cose, e per fortuna, non tutti usano lo stesso sistema per garantire la codifica delle comunicazioni, per cui non posson nemmeno sperare di trovare una soluzione comune a tutti questi programmi che, una volta applicata, risolva loro il problema.
Salvo una backdoor chiaramente, ma chiunque crei programmi di IM che pretenda di vendere, o vedere installata la propria applicazione in massa, non può correre il rischio di essere sputtanati dal primo specializzato che arriva, dimostrando che hai una backdoor attiva sul tuo programma. Proprio perché ne esistono tanti, di IM, uno ci mette meno di 30 secondi per disinstallare la tua con la backdoor ed installarsene un altro !!
Insomma i governi devono mettersi in testa che su questa cosa non la spunteranno mai. Avevano qualche chance quando WhatsApp non aveva attivo ancora la possibilità di codificare i propri dati: essendo una delle poche applicazioni, che ancora non aveva attivato questa particolarità, gli altri programmi IM potevano correre il rischio di vedersi inibire l’accesso da questo o quel paese, con la scusa della protezione del libero cittadino; ma ora che pure WhatsApp si è unita alla comunità di coloro che proteggono la privacy dei propri utenti, i vari governi, non hanno più punti, su cui fare leva, verso produttori come Telegram, Signal o altri.
Non che WhatsApp l’abbia fatto per la tutela del loro parco clienti, l’ha fatto perché si è accorta che altri IM, che prevedevano la codifica delle conversazioni, gli stavano portando via clienti. E sappiamo tutti come ragionano le aziende, quando si vedono rodere il plafond di clientela: «Risolviamo il problema in qualche modo!!» sicuramente è stato l’urlo di battaglia lanciato da qualche amministratore delegato di WhatsApp!!
E l’unico modo per poter provvedere a quell’ordine era fornire un servizio, quanto meno sicuro, almeno come gli altri IM in circolazione, che si stavano rodendo il loro pacchetto clienti.
E di conseguenza squillino le trombe, mandate corrieri ai quattro angoli del mondo e diffondente la notizia: «WhatsApp rende disponibile la codifica delle conversazioni da questa data!!».
E questa notizia ha tagliato definitivamente le gambe a quei governi che minacciavano il blocco dell’uso di WhatsApp in questo o quel paese. Bloccare l’accesso a questa o quella applicazione perché permetteva di rendere non leggibili le conversazioni a terzi, corrispondeva a denunciare il vero scopo dei governi interessati che aveva portato al blocco.
Se vi ricordate, succedeva piuttosto spesso con Telegram, quando era ancora l’unica a proporre le chat codificate e succedeva in Brasile: paese noto per la sua deriva democratica. Da quando anche WhatsApp si è aggiunta, al pari delle applicazioni che permettono la codifica, guarda caso, in Brasile non sono più occorsi blocchi da parte dello stato all’accesso a Telegram o altri IM: tanto, ormai, offrono tutti la codifica delle conversazioni, per cui quel metodo non aveva più senso.
Quello che mi lascia più perplesso, al di la dei governi che tentano di mettere il naso nelle nostre chiacchierate con gli amici, è il fatto che poi lo stesso popolo che richiede servizi di cifratura per le loro chiacchierate, non facciano assolutamente nulla per proteggere loro altre fonti di informazioni, come la posta elettronica o i propri siti, personali o aziendali che siano.
Contrariamente a quanto si pensa l’arrivo delle app di IM non ha reso l’uso della posta elettronica meno intenso, tutt’altro. Specialmente a livello di lavoro, il volume della posta elettronica non ha subito alcuna flessione. Eppure sappiamo che quasi tutti i governi accedono alle nostre email leggendosi quello che vogliono quando vogliono. Come esiste la codifica delle conversazioni esistono anche metodi per proteggere anche le nostre email. Solo che il popolo è pigro per cui continua a farsi legger le email, ma vanta di avere il sistema per chattare più sicuro che esista al momento.
Sull’onda delle richieste di governi, come quello del Regno Unito, nascono poi delle aziende che offrono email sicure con codifica, a patto che l’altro utente usi lo stesso servizio, o accetti di ricevere una mail con un allegato ed una password per leggere l’allegato stesso.
Quello che mi fa sorridere, è che queste aziende, per esempio la ProtonMail non fanno altro che fare quello che l’utente potrebbe fare da solo: ossia usare strumenti come GPG per proteggere la propria privacy, anche nella corrispondenza elettronica. Ti fornisce una chiave, e tu la usi in maniera trasparente per mandare mail codificate alla tua controparte. Cosa che potresti fare da solo e con qualunque provider, per assurdo con la peggiore in assoluto, in fatto di violazione, delle tue mail: ossia il servizio posta di Google: gmail.
Però piuttosto che mettesti li a studiare 30 minuti come si genera una chiave come usarla, preferiamo dare mandato, in modo silente, a qualcun altro che lo faccia per noi. Risultato? Vuoi una casella con accesso codificato che abbia un minimo di spazio per tenere tutta la tua mail di lavoro?
PAGA. Quando potresti farlo gratuitamente se solo ti prendessi la briga di studiare 30 minuti il metodo usato dalla stessa ProtonMail.
«Chi è causa del suo mal, pianga se stesso» cita un vecchio adagio, ed in questo caso mai fu più vero!! Pagate la ProtonMail, Safe-Net od altre aziende che hanno capito che siete disposti a pagare, piuttosto che imparare: a questo punto sono solo affari vostri !!
Io continuo a farlo per conto mio, ed a titolo gratuito, però mi spiace vedere buttare via i soldi, indipendentemente che siano di una azienda o di un privato.